giovedì, 6 settembre 2007

Da un membro del comitato

Cari Lettori,
mi chiamo Manuele Micocci, ho ventisei anni sono uno dei numerosi studenti universitari,
che ha scelto di integrare il proprio percorso di studio con l’esperienza del Servizio Civile
Nazionale. Sono ben 45000 i volontari del S.C. in italia che sostituiscono i precedenti obiettori “sottoprodotto” della leva militare obbligatoria. Nel 2001 quando si costituì l’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile si temeva di non poter raggiungere il numero di volontari sufficiente per poter sostituire l'egregio lavoro svolto dagli obiettori.

Poi il precariato l’impossibilità di poter usufruire tutti del diritto allo studio, ha dato vita ad un nuovo esercito di ragazzi e ragazze di età compresa tra i 18 e i 28 anni, che sopravvivono per 12 mesi con un rimborso spese di 433 euro al mese.
Ho scelto di candidarmi a Rappresentante Regionale per poter difendere questa categoria di miei coetanei e portare le loro istanze nelle segreterie dell’Ufficio Nazionale.

Poi a Maggio la convocazione da parte dei DS e Margherita per partecipare a questa interessante iniziativa il Comitato per il Partito Democratico, 21 membri equamente divisi 7 Ds 7 Margherita e 7 membri della società civile, privi di una tessera politica ma con tanta voglia di cominciare e dire la propria. Una scommessa, che ha messo in campo diverse esperienze di vita politica, sociale senza alcun limite gerarchico, anagrafico, un gruppo di lavoro speranzoso di sostenere la nascita del Partito Democratico per l’Italia.

Ciò che più mi sconvolge è la persistenza nella politica italiana di far prevalere i dualismi, la volontà continua di dividere e di sminuire ogni tentativo di aggregazione.
Spesso si fa riferimento ai grandi movimenti popolari degli anni 70 quasi non si potesse ricreare più quello spirito di unione che li contraddistingueva.
Io credo nei corsi e ricorsi storici e penso che i tempi siano maturi per poter realizzare un Partito Democratico, che nasce dall’incontro di due volontà Ds e Margherita e che si apre alla partecipazione dei cittadini impegnati nel mondo del lavoro, della cultura,del volontariato e dell’associazionismo, bisogna riconoscere l’intelligenza dei due direttivi capaci di interpretare questo periodo come maturo per poter investire sull’incontro tra esperienze pregresse e nuove affinchè tutti possiamo portare avanti un progetto, che dia voce a chi finora non ha fatto politica con l’appoggio e l’ausilio di chi invece da anni sostiene degli ideali di centro sinistra ben espressi e sintetizzati nel Manifesto per il Partito Democratico.

Il mio augurio è che la questione nata in questi giorni sul ruolo dei nuovi e sul lavoro dei più esperti, finisca al più presto poiché oggi gli uni sono strettamente legati agli altri.
Abbiamo bisogno di una politica costruttiva non demolitoria e critica, priva di personalismi e protagonisti.

Dipende da noi rendere il Partito Democratico aperto a tutti, iniziare da oggi un nuovo cammino
senza dimenticare i meriti di questi due partiti Ds e Margherita che in un periodo così difficile
hanno messo in discussione la propria storia per il bene comune.

E’ tempo di sostituire l’aggettivo “nuovo” a “normale”, discutere con normalità dei grossi problemi che affliggono il nostro paese e realizzare un’armoniosa costituzione di un Partito Democratico che viste le premesse contribuirà positivamente alla riforma dello stesso

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Per un contributo sul tema del "vecchio " e del "nuovo" , che così bene è stato introdotto dalla bellissima lettera di Emanuele, mando quanto, in un viaggio in treno di una ventina di giorni fa a vevo buttato giù e che poi mi è servito come base per l'intervento fatto a conclusione dell'assemblea cittadina del 3 settembre.

SUL VECCHIO E SUL NUOVO

Possono due aggettivi come “vecchio” e “nuovo” esprimere un concetto politico compiuto?
Se prendiamo l’espressione “Il Partito Democratico deve essere non un nuovo partito, ma un partito nuovo”, l’aggettivo “nuovo” assumae da solo una forza assertiva indiscutibile, così come la assume l’aggettivo “vecchio” nell’espressione “Basta con la vecchia politica!”
Ma chi è incline alla riflessione ci rende attenti alle difficoltà di distinguere nettamente il nuovo al vecchio, soprattutto nelle questioni politiche e storiche. Ad esempio, ci si è a lungo interrogato quanto di “vecchio” e quanto di “nuovo” ci sia stato nel ’68; è stato l’inizio di un’epoca nuova o ha segnato la fine delle vecchie ideologie ottocentesche?
“Nuovo” e “vecchio”, sono poi ancorati, per loro natura, a una dimensione temporale; generalmente, il “vecchio” è legato al “prima”, il “nuovo” all’ “adesso” o al ”poi”. Inoltre, ciò che , in una data epoca, costituisce di per sè una novità, in un’ altra epoca si fa cosa decisamente sorpassata.
In un’epoca come la nostra orientata al consumismo, si consuma anche la politica e spesso il “nuovo” sente l’esigenza di travestirsi da “novità”, come nel maketing, come nella pubblicità.Oggi il rischio che il “nuovo”,sembri subito “vecchio” è altissimo; e lo è tanto di più, quanto più la politica diventa politica-immagine.Le immagini, come le idee, oggi, passano in fretta. Qualcuno ricorda ancora il patto con gli Italiani di Berlusconi? E’ stato fatto,ha avuto un buon successo ,è passato . Qualcuno ricorda il conflitto d’interessi? Forse qualcuno, ma l’ opinione pubblica lo ha scordato: la visibilità di questo problema è oggi pari a zero, esso è scomparso; forse non è nemmeno mai esistito.
Malgrado la problematicità , dunque, di questi due termini, oggi, a proposito del PD li si usa bellamente e senza pudore.Sollevando un putiferio di obiezioni. E tuttavia non convincono coloro che,di fronte a questo uso “leggero” delle due parole, storcono il naso, denunciando il “nuovismo” come massima banalizzazione, semplificazione di questioni assai complesse.Non convincono: quando si parla di PD, in quel preciso contesto, quando diciamo “vecchio” e “nuovo”, sappiamo benissimo di che cosa siamo a parlare.
“NUOVO” significa, per dirla con le parole del “Manifesto” evitare il protrarsi di una politica “frammentaria e rissosa”, che “si rivela troppo spesso debole nei confronti degli interessi forti e incapace di svolgere una funzione nazionale”; per dirla con Veltroni “il PD dovrà essere un partito davvero nuovo.Perchè dovrà pensarsi non più come bene privato, di proprietà di una comunità chiusa,per quanto larga possa essere, dei suoi fondatori, dei suoi dirigenti, dei suoi militanti.Ma al contrario come istituzione civile, che svolga una funzione pubblca e che , come tale,appartiene a tutti i cittadini che intendono abitarlo.”
“VECCHIO” è il contrario di tutto ciò
Chi, di fronte all’affermazione che il PD sarà “nuovo” o non sarà, adduce pensose riflessioni sulla complessità di questo concetto:”nuovo”, insinuando nei confronti di colui che ambisce a cambiare le cose di usare il linguaggio dello stupidario corrente, non è credibile. In realtà sembra impegnato non a riflettere, ma a procrastinare , proprio come i burocrati della Cacania di Musil. E c’è da credere che , come loro, non lo faccia per il bene comune, per dotarsi di strumenti migliori di fronte al cambiamento dei tempi, ma tout court lo fa nella speranza di poter salvaguardare lo status quo, che , pur con le sue insidie, lo garantisce più del cambiamento.
Rimandare: rinviare di mettere mano a quel “nuovo” che pure avanza, di cui si sente l’esigenza, che sopra si è definito in modo preciso. Questo oggi vuol dire difendere il “vecchio” e le relative posizioni di rendita che hanno umiliato, dissanguato, bloccato l’Italia.
Una cosa, però, bisogna affermare con forza: non tutto ciò che appartiene al passato è “vecchio”.Noi che vogliamo il Partito Democratico, non vogliamo essere consumisti, in politica. Il PD saprà fondare il suo carattere di partito “nuovo” con tanta maggiore forza, quanto più sarà in grado di vederne e di rivendicarne i legami col passato.Con ciò che di buono, di incisivo la politica in passato ha conosciuto: la disponibilità a porsi in una logica di bene comune, di partecipazione , di solidarietà.Questo è il “vecchio” a cui il PD deve attingere, se oggi vuole essere davvero “nuovo”, se vuole essere cioè nuova classe dirigente,nuovo metodo, nuove regole, nuovi contenuti politici.
Quanto poi all’accusa di giovanilismo a chi sostiene e rivendica uno spazio politico per i giovani dai 40 in giù, mettiamola così: sarà pur vero che essere giovani non è una questione anagrafica, che ci sono vecchi-giovani e giovani-vecchi. Ma i giovani-giovani, dove sono?E’ pensabile che in Italia (solo in Itlia) non esistano? E se esistono,chi li rappresenta nei partiti, nelle istituzioni, in Parlamento? Se è vero, come è vero, che essi rappresentano il futuro del nostro paese, allora noi, se impediamo loro di entrare in modo consistente nella sua gestione, ci prenderemmo la pesante responsabilità di negare il futuro (e la speranza) all’Italia.

Anonimo ha detto...

"Ma i giovani-giovani, dove sono?E’ pensabile che in Italia (solo in Itlia) non esistano? E se esistono,chi li rappresenta nei partiti, nelle istituzioni, in Parlamento? Se è vero, come è vero, che essi rappresentano il futuro del nostro paese, allora noi, se impediamo loro di entrare in modo consistente nella sua gestione, ci prenderemmo la pesante responsabilità di negare il futuro (e la speranza) all’Italia."

Marina, il problema è che i giovani in italia, per tante motivazioni legate sicuramente ad una strategia sbagliata ed una miopia abnorme dimostrate in 60 di amministrazione della "cosa pubblica" (aggiungerei anche al disamore crescente per la plitica) o sono occupati a scegliere la linea più figa per la stagione autunno inverno, o si fanno un discreto mazzo per compensare le mancanze che i nostri enti confondono con la loro "linea strategica", quindi mancanza e cattiva organizzazione del lavoro, logistica pressochè inesistente, aiuti minimi e indirazzamento post scolastico assente, concezione sbagliat di un modello sano di vita. Siamo un branco (tosto per la verità) di Don Chioscottesci individui, sempre lì a prendere a calci mulini a vento e sbracciarci per trovare la nostra strada. Con molto piacere ultimamente noto una rinverdita passione per la politica, quella intesa però attenzione alla vecchia maniera, filosoficamente. Parliamo di rinnovamento, di cose che non funzionano e metodi per sistemarle. Non vorrei però che la risposta ai nostri perchè (sempre lì nelle strade piene di mulini a vento) fosse semplicisticamente :" e dai allora facciamo il PD". Sono già tanti in questi giorni che si scoraggiano davanti alle pareti rocciose insormontabili dei SOLITI NOMI. Lo sappiamo, lo sapevamo, ce ne accorgeremo, scalzare le vecchie abitudini sarà difficile. Quello che sottolineo è che l'assurdo è dover combattere una guerra all'interno di un neonato "soggetto" tra giovani e vecchi. Quando sarà fatta la costituente e i quadri saranno chiari, ci conteremo. E vedremo se le vecchie abitudini rimarranno (temo di sì). non per questo, come ama ripetermi il mio eroico genitore, bisogna arrendersi. io personalmente come tanti altri sto imparando(cosa sempre più comune tra noi Don Chisciotte) a non entrare nelle questioni di partito, ma a "rompere" nelle cose di tutti i giorni, unico vero modo, per ora mi pare, di cambiare qusto nostro paese. Vedremo. Nel frattempo ragazzi, date da mangiare a Sancho e abbeverate i ronzini:si va a caccia di mulini.

Anonimo ha detto...

Oltre che a dar da mangiare a Sancho, cerchiamo di individuare e selezionare non ronzini e pollastri di allevamento da abbev erare, ma puledri di razza e galletti ruspanti che abbiano il coraggio di mettersi in giuoco senza remore e senza paure. Dobbiamo interrompere la catena di trasmissione che collega gli attuali amministratori pubblici a quelli già designati dagli inveterati allevatori per il 2020. Per farlo occorre davvero mettersi a disposizione della politica partendo da dove viviamo e da dove lavoriamo. E poi ci conteremo o si conteranno. Speriamo di contarci

Ulderico

Alessandro ha detto...

Ecco di cosa non abbiamo più bisogno Sirio, proprio delle cosiddette "cose di partito"!!!! Come se fossero un' entità astratta staccata dal sentire comune, come un corpo estraneo alla società, alla gente, alla vita di tutti i giorni! Occorre ritrovare invece quello che coloro che scrissero la ns costituzione repubblicana volevano vi fosse nei partiti, ossia quello di creare momenti di aggregazione per le persone che volevano mettersi, con passione, a servizio della vita politica per cercare con il proprio contributo di dare al paese delle risposte ai problemi anche quotidiani. Questo è un partito popolare, questo è un partito in cui non hanno spazio le caste, in cui non vi sono "cose di partito" ma solo passione e voglia di fare e di mettersi a disposizione degli altri. E a vedere bene la situazione di oggi questa frse è l'idea più NUOVA...più sconvogente che a ben vedere tanto nuova non è....